1820
Lyon-Vaise
Nel 1805, al termine dell’odissea guidata da dom Agostino de Lestrange, i monaci e le monache si dividono in diversi monasteri e un gruppo di monache, che in un primo tempo si erano recate a Paderborn, si stabiliscono alla Riedra, in Svizzera. In seguito la comunità si divide in due gruppi per rifondare case in vari luoghi della Francia. Un primo gruppo si ferma a Forge e diviene poi Nostra Signora des Gardes. Un secondo gruppo si reca, nel 1816, a Frenouville, poi a Lyon Croix-Rousse nel 1817 per stabilirsi in seguito, nel 1820, a Lyon-Vaise, un sobborgo della città di Lione. Dopo sette anni viene accolta in questa comunità una giovane che prenderà poi il nome di Mère Pacifique, la futura rifondatrice di Lyon-Vaise dato che la quasi totalità della comunità si trasferì a Maubec, vicino a Montelimar.
Dunque la comunità di Lyon Vaise rinasce nel 1837 come una nuova comunità e da allora si chiamerà Lyon-Vaise II. Si respira in essa un grande amore per l’Ufficio divino: la liturgia eseguita con cura, ben assimilata e vissuta come struttura portante del cammino spirituale e di conversione dell’intera comunità, è una caratteristica che rimane costante anche nella nostra comunità di Vitorchiano – che da Lyon-Vaise II discende – fin da quando essa iniziò i suoi primi passi a San Vito (Torino – Italia), e poi a Grottaferrata (vicino Roma), dove avvenne il primo trasferimento, ed in seguito anche in tutti i monasteri che dalla nostra comunità sono nati.
1870
Madre M. Teresia Astoin
È da questo nucleo di sorelle, che chiamiamo “secondo Vaise”, che germina il seme della nostra filiazione. Qui, infatti, sarà accolta M.Teresia Astoin (al secolo Giulia), futura fondatrice di San Vito. Pur essendo oblata, fu scelta – probabilmente per il suo spirito di fede, le sue doti di intelligenza e creatività, la sua forte personalità e le sue capacità organizzative – a guidare un piccolo nucleo di monache in una nuova fondazione in Italia (in Francia si temevano ancora espulsioni in seguito ai moti del 1870). La sua condizione di oblata e le sue nobili origini, le permettevano di disporre del suo patrimonio personale per poter acquistare Villa Rabbi sul colle di San Vito presso Torino.
1875
San Vito
Nell’opera di fondazione di San Vito (1875), Md. M. Teresia Astoin è affiancata da una figura straordinaria: dom François Régis. In quegli anni egli è Procuratore della Congregazione dei Trappisti a Roma, ed è una delle personalità del nostro Ordine più importanti di quel periodo. Nei confronti di Md. M. Teresia esercita una paternità eccezionale che traspare da tutte le sue lettere, e l’atteggiamento di Md. M. Teresia verso dom Régis è di una tale franchezza, figliolanza e tenerezza che commuovono e che, apparentemente, contrastano con la natura energica, volitiva e anche sbrigativa di questa donna. Dopo il primo anno di vita a San Vito, le difficoltà non mancano, tanto che l’Arcivescovo di Torino scrive una lettera al Vicario dei Trappisti chiedendo di sorvegliare in modo particolare questo monastero. La povertà è estrema e spesso le monache sono mandate in città per la questua.
Nonostante tutte le difficoltà, la fede di Md. M.Teresia Astoin nella bontà dell’opera iniziata non viene mai meno tanto che scriverà queste parole che risulteranno profetiche: “Dall’inizio di questa fondazione non ho fatto che un passo dopo l’altro, cercando di raggiungere l’obiettivo indicatomi dalla mano di Dio. Così ho sempre ricevuto quello di cui avevo bisogno nel momento opportuno. Abituata ormai a questi aiuti provvidenziali, io guardo senza timore all’avvenire di questa Casa; e sono inoltre intimamente convinta che essa sarà la Madre di tante altre.”
1898
Trasferimento a Grottaferrata
La comunità lascia San Vito il 14 settembre del 1898. Lungo il viaggio, le sorelle si fermano a Roma per visitare le basiliche. Giunte a Grottaferrata, presso la località Squarciarelli, rimangono un po’ interdette: provenienti da una villa padronale, hanno ora davanti una fattoria di campagna. Ma il calore e l’accoglienza dei fratelli delle Catacombe, la bellezza e dolcezza dell’autunno dei colli romani, la certezza di essere nella volontà di Dio e nell’obbedienza ai superiori, attutisce questo passaggio così doloroso.
Madre Agnese Scandelli
Come S. Vito, anche Grottaferrata non sarà mai un vero e proprio monastero e la vita sarà sempre precaria. Appena giunte, si procede all’elezione a Priora di Md. Agnese Scandelli: delle 31 persone che compongono la comunità, solo le 6 monache coriste hanno diritto di voto, il resto è composto da converse. Tuttavia, Md. Agnese è persona molto amata dall’intera comunità.
La vita a Grottaferrata
Lavorano molto la campagna, ma tutto ciò che di più buono vi cresceva è dato in dono all’uno o all’altro medico, o a chi svolge servizi per la comunità. Hanno una piccola legatoria e incartano i cioccolatini della vicina comunità maschile di Frattocchie, ma è un lavoro svolto per sdebitarsi della grande carità che ricevono dai fratelli.
La povertà è tale che non ci sono abiti per vestire le novizie e quelli disponibili sembrano trapunte, tante sono le pezze con cui sono rammendati. Quando la salute di Md. Agnese comincia a declinare, il suo governo, indubbiamente molto illuminato, diviene precario. Precisamente in questo momento compare sulla scena di Grottaferrata l’affascinante figura di Md. Maria Pia Gullini.
Madre Pia Gullini
Fu la Congregazione dei Religiosi che si risolse per questo a nominare d’ufficio una nuova badessa nella persona di Md. Maria Pia Gullini. Con tutto l’impegno e l’entusiasmo possibili, ella cercò di risollevare le sorti della comunità: osservanze, vita regolare, lavori di ristrutturazione e di miglioramento della casa. Cominciò ad essere molto conosciuta fuori dal monastero e molti venivano da Roma e da altre località per confidarsi e ricevere consigli spirituali. Le numerose relazioni con l’esterno e i conseguenti parlatori, peraltro mai da lei ricercati, furono una delle cause delle sue prime dimissioni forzate.
Fra le sue conoscenze vi era anche la signorina Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, che spesso visitava Grottaferrata in compagnia di Igino Giordani e della sua famiglia. Igino conobbe la Trappa grazie alla beata Maria Gabriella Sagheddu e fu anche uno dei primi a scrivere di lei. Lui e la sua famiglia ebbero un rapporto di amicizia molto profondo con Md. Maria Pia. I cardini della spiritualità di Md. Maria Pia erano l’umiltà e la carità. Il suo amore per le sorelle era forte e puro. Md. Carla racconta che una volta una sorella andò a parlarle male di un’altra: la Madre si mise a piangere. Vedendo una tale reazione la sorella chiese subito perdono e lasciò perdere il discorso. Era stata per lei un’eloquentissima lezione sulla carità.
Non ammetteva ambiguità o ipocrisie. Amava la verità, l’obbedienza, la pietà eucaristica, la preghiera personale, la preghiera liturgica. Soprattutto la sua spiritualità era incentrata sulla devozione all’umanità di Cristo, Sposo e Fratello. Il suo insegnamento si fondava sul Vangelo, la Parola di Dio, la lettura delle opere dei Padri e delle mistiche cistercensi quali S. Lutgarda e S. Geltrude. Il primo periodo di abbaziato di Md. Maria Pia andò dal 1931 al 1940, anno in cui diede spontaneamente le dimissioni a causa di contrasti con il Padre Immediato, riguardanti la pubblicazione della biografia di suor M. Gabriella.
1940
Madre Tecla
Al suo posto venne eletta Md. Tecla, che nominò Md. Maria Pia sottopriora e maestra delle novizie, oltre ad affidarle il compito di sbrigare tutta la corrispondenza che riguardava suor M.Gabriella e l’ecumenismo.
1947
Md. Pia rieletta Badessa
Nel dicembre del 1947 Md. Maria Pia viene rieletta Badessa rimanendo al governo della comunità fino al 1951: il 19 aprile di quell’anno darà le dimissioni una seconda volta. “Oportebat…”- era necessario – lasciò scritto in un bigliettino ad una delle giovani, e si ritirò in esilio alla Fille-Dieu (monastero trappista in Svizzera). Quali furono i veri motivi di una così grave decisione? Forse l’aver concepito in cuore il sogno di una fondazione che raccogliesse le giovani in una esperienza coerente e totalmente trasparente al carisma cistercense. E’ probabile che il pericolo di una spaccatura fra generazioni, che avrebbe disintegrato la comunità, costituisse la gravità di quel momento.
Comunque siano andate le cose, da questa ennesima prova emerge ancor più la statura morale e spirituale di Md. Maria Pia che rientrerà nella sua amata comunità – ormai trasferita a Vitorchiano – solo per esservi la prima radice profonda nel cimitero del monastero. Infatti nel suo viaggio di ritorno dalla Fille-Dieu dovette fermarsi a Roma per l’aggravamento del suo stato di salute e qui dopo pochi giorni morì in una grande pace e abbandono. Era il 1959 e il giorno in cui le sue amate spoglie arrivarono al monastero si celebrava la vestizione di una giovane che – quasi come un passaggio di testimone in una staffetta – sarà di lì a pochi anni eletta badessa della comunità e la segnerà profondamente in un grande afflato missionario ed ecclesiale e in un carismatico approfondimento della vita monastica: Md. Cristiana Piccardo.
Senza dubbio tutta la vita di Md. Maria Pia rientrava in un imperscrutabile disegno del Signore: lo stesso esilio alla Fille-Dieu si rivelò occasione proficua per continuare a mantenere i suoi molteplici contatti ecumenici, gli stessi che, insieme alla pubblicazione della biografia di suor M. Gabriella, l’avevano condotta alle sue prime dimissioni. Md. Maria Pia è stata una grande figura profetica, non solo nell’ambito monastico cistercense, ma anche nel mondo ecumenico.
Concludiamo questa raccolta di notizie più o meno inedite sulla storia delle nostre radici con le parole di Md. Cristiana Piccardo nel suo libro “Pedagogia viva”: “La tradizione cistercense, con la sua spiritualità così ricca e così impregnata di umanità, non arriva a noi solo tramite dei testi, ma attraverso una storia. La storia è la nostra grande maestra. Quando parlo di storia non parlo di eventi, ma di persone. Perché sono le persone che costituiscono lo spazio storico in cui ci muoviamo. Come potrà mai una comunità pensare alla Gerusalemme celeste senza pensare di rivedere il volto delle sorelle che hanno servito la Gerusalemme terrestre, nell’umile gioia della loro donazione? E che l’hanno costruita con la loro quotidiana fedeltà? Noi tutte siamo debitrici di umanità e santità a coloro che ci hanno preceduto.”