Testo:
Populus Sion: ecce Dominus veniet ad salvandas Gentes: et auditam faciet Dominus gloriam vocis suae in laetitia cordis vestri.
Traduzione:
Popolo di Sion, ecco il Signore verrà a salvare le genti. E il Signore farà sentire la gloria della Sua voce nella letizia del vostro cuore.
(cfr Is 30, 19.30)
Il testo di questo introito è un’opera di cucitura di vari frammenti del capitolo 30 di Isaia. Qui il profeta annuncia una “vendetta divina” contro l’Assiria, per la salvezza d’Israele. Ebbene, proprio questo testo che promette l’annientamento di un popolo nemico, viene utilizzato e modificato radicalmente per divenire, nella prima frase dell’introito, un annuncio di salvezza universale. Così, dove il testo della Vulgata dice che il Signore verrà a distruggere le genti (“ad perdendas gentes”), l’introito opera una sostituzione e afferma “verrà a salvare le genti” (“ad salvanda sgentes”). Come dice anche S. Agostino: “Cristo Gesù è venuto nel mondo. Perché è venuto nel mondo? È venuto nel mondo per salvare i peccatori. Non c’era altra causa per cui dovesse venire nel mondo. Non lo hanno attirato dal cielo alla terra i nostri buoni meriti, ma i peccati. […] Il Figlio dell’uomo è venuto infatti a cercare e a salvare ciò che era perduto. Se l’uomo non si fosse perduto, il Figlio dell’uomo non sarebbe venuto. Perciò l’uomo si era perduto, è venuto Dio-uomo e l’uomo è stato ritrovato. L’uomo si era perduto per libera decisione della volontà: Dio-uomo è venuto per la grazia liberatrice”[1].
La melodia gregoriana sottolinea con enfasi proprio questa inversione di significato insistendo sui sostantivi “Sion” e “gentes”, amplificando il valore di tali parole.
Nella prima domenica l’introito aveva annunciato l’universalità dell’Avvento di Cristo (“tutti coloro che ti aspettano non resteranno confusi”), ora, nella seconda domenica, l’annuncio si fa ancora più forte: al popolo eletto (populus Sion) viene annunciata l’opera del Signore non attraverso l’annientamento degli altri popoli, ma attraverso la loro salvezza.
Non a caso viene scelto il settimo modo[2] che è caratterizzato da un ampio sviluppo melodico verso le note più acute e appare fin dalla prima frase come squilli di tromba. L’annuncio della venuta del Salvatore si deve far sentire come il grido della sentinella dall’alto delle mura.
Nella seconda frase (“et auditam…”) il tono si fa decisamente gioioso e raggiunge i punti più acuti del brano quando si dice che il Signore farà sentire la gloria della sua voce (una voce forte e chiara, evidentemente!).
La melodia, poi, nell’ultimo inciso (su “in laetitia”) scende improvvisamente di una quinta (al RE) e di nuovo risale di una quarta come aveva già fatto su “et auditam”. In questo modo mette in relazione l’ascolto della voce del Signore con la letizia del cuore: la gioia del cuore nasce dall’ascolto della voce del Signore che scende e illumina nel profondo.
L’introito ci fa entrare appieno nella liturgia di questa Messa le cui letture sono centrate sull’inizio della predicazione del Battista: è lui la sentinella che dice al popolo di Sion “Convertitevi! Preparate la via al Signore!”; è Lui la voce che grida nel deserto, che annuncia la gioia che passa attraverso la conversione.
Nota storico-liturgica:
Nella seconda domenica di Avvento, Guglielmo di Auxerre spiega: l’introito della Messa è “Popolo di Sion” e il Papa sosta in quella Chiesa che è detta Gerusalemme[3]. Le celebrazioni della seconda domenica dell’anno liturgico sembrano svolgersi nella Città Santa e per gli abitanti di questo santo luogo, ma anche la città di Roma ha la sua Gerusalemme: la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme che è considerata, per la liturgia romana, come Gerusalemme stessa. Sempre lì era prevista anche la statio[4] nella quarta domenica di Quaresima e il Venerdì Santo.
Tenendo presente questa tradizione, si comprendono i riferimenti a Gerusalemme presenti anche negli altri canti previsti per questa domenica. Infatti l’alleluia è tratto dal salmo 121 – un salmo, detto “delle ascensioni”, cioè pregato nei pellegrinaggi sulla salita verso Gerusalemme – e canta: “Mi sono rallegrato quando mi hanno detto andremo alla casa del Signore”, e anticamente proseguiva con un secondo versetto: “I nostri piedi si erano fermati nei tuoi atrii, Gerusalemme”. E di nuovo alla comunione è presente il riferimento a Gerusalemme nel richiamo del profeta: “Alzati, Gerusalemme, e sta in alto e vedi la gioia che viene a te dal Tuo Dio”. E se queste parole sono un richiamo all’attesa del Dio che viene, proprio del tempo di Avvento, assumono un senso ancora più gioioso perché mentre cantiamo queste parole, già si realizza la venuta di Dio a noi: riceviamo l’Eucaristia.
NOTE:
[1] S. Agostino, Discorso 174
[2] I “modi” sono una classificazione delle melodie gregoriane in base a 8 scale musicali. Ognuno di essi ha due note caratteristiche: la finalis (cioè l’ultima nota del brano) e la corda di recita (cioè la nota principale su cui si cantano i versetti salmici).
[3] Guglielmo di Auxerre, Summa de ecclesiasticis officiis, Libro III, 4, 18.
[4] Quello delle “stationes”, che significa “soste”, è un antico rito che aveva – ed ha tuttora – il significato di radunarsi e fare, appunto, una sosta prima di riprendere il cammino quotidiano in atteggiamento di lode e di preghiera. Secondo la tradizione, il Papa (o un suo rappresentante) e i fedeli di Roma giungono in processione da diversi punti della città cantando le litanie dei santi e si radunano in una delle basiliche del centro storico (che per questo sono anche dette ‘chiese stazionali’), dove sono custodite le reliquie dei martiri; qui viene celebrata la Messa. Sono più note le stazioni quaresimali, ma anche l’Avvento, come ogni pellegrinaggio, ha le sue “soste”.