Terza domenica di Avvento – Gaudete

Testo:

Gaudete in Domino semper: iterum dico, gaudete. Modestia vestra nota sit omnibus hominibus: Dominus prope est. Nihil solliciti sitis: sed in omni oratione petitiones vestræ innotescant apud Deum.

Traduzione:

Gioite nel Signore sempre: di nuovo vi dico: gioite. La vostra temperanza sia nota a tutti gli uomini: il Signore è vicino. Non siate preoccupati di nulla, ma in ogni preghiera le vostre richieste siano note a Dio. (Fil 4,4.5)

Commento:

Il testo dell’introito è la versione fedele e quasi integrale di tre versetti tratti dalla lettera ai Filippesi, cap. 4. Queste parole danno il carattere alla festa.

Nel gregoriano la melodia è a servizio del testo e ce ne dà un’interpretazione, perciò, prima di osservare cosa suggerisce la melodia, può essere utile fare qualche breve riflessione sulle parole.

Anzitutto il termine “Gaudete”: nell’originale greco, è lo stesso usato dall’angelo per salutare Maria, cioè “Χαίρε”, gioisci! Anche noi dunque siamo invitati ad entrare in questa gioia di Maria all’annuncio dell’incarnazione di Dio. Per la sua posizione, in fondo alla frase, un’altra parola importante è “semper” che nella versione greca significa “in tutto”, “in ogni circostanza”. Quel che S. Paolo ci dice è: ‘in ogni situazione, buona o meno buona, gioite!’ Questo non è per nulla scontato, perciò S. Paolo lo ripete subito una seconda volta: ci tiene, non è un semplice modo di dire.

Ciò che è meno chiaro è il termine latino modestia, che in italiano viene tradotto in tanti modi. L’enciclopedia Treccani dà, tra le altre, questa definizione: “Nella teologia cattolica, virtù morale connessa con la temperanza, capace di moderare atti interni ed esterni dell’uomo”[1]. Nella traduzione della Vulgata latina, diversamente dalla maggior parte delle traduzioni troviamo questo termine “modestia” anche tra i frutti dello Spirito che S. Paolo elenca in Galati 5,22-23: “Il frutto dello Spirito invece è carità, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, magnanimità, mitezza, fede, modestia, continenza, castità”. E anche il catechismo elenca la modestia tra i frutti dello Spirito, cioè come comportamenti che lo Spirito Santo – se lo seguiamo – genera in noi “come primizia della gloria eterna”[2]. Ma anche se andiamo a cercare l’originale greco troviamo una parola[3] che ha nella sua radice l’idea di somiglianza e che si potrebbe rendere come comportamento conforme/simile all’immagine di Dio che è in noi, docilità all’opera dello Spirito in noi. Ecco cosa intende S. Paolo parlando di ‘modestia’.

Vediamo ora la melodia gregoriana: cosa ci vuole trasmettere in questo particolare momento liturgico che è la terza domenica di Avvento?

La parola gaudete, entrambe le volte, è cantata su note gravi e prolungate: la gioia di cui si parla qui non è euforica, bensì qualcosa di più intimo e profondo, forte, stabile. E infatti l’accento più importante non è posto né su gaudete, né su Domino, ma sull’avverbio semper: “Rallegratevi nel Signore, non nel mondo; rallegratevi cioè nella verità, non nella falsità; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nel bagliore della vanità. Così rallegratevi; e dovunque e per tutto il tempo che sarete quaggiù[4] (S. Agostino, Disc. 171, 5).

Nella frase centrale ci è dato il motivo, ciò che può sostenere una gioia così forte da permanere in ogni circostanza: Dominus prope est (il Signore è vicino). Ma anche in questo caso la melodia non si sofferma qui, bensì crea un arco che culmina su Nihil, punto più acuto di tutto il brano. Esattamente come prima sottolineava che sempre, in ogni circostanza, dobbiamo gioire, ora evidenzia che proprio di nulla dobbiamo preoccuparci. È ancora Agostino a spiegarci come intendere questo: “Non andare in cerca di un’alta cima sulla quale tu pensi di essere più vicino a Dio. Se tu ti innalzi, egli si allontana da te, se invece ti abbassi, egli si china verso di te… Ama ed egli si avvicinerà; ama ed egli abiterà in te. Il Signore è vicino; non angustiatevi per nulla”[5].

L’ultima frase, su petitiones vestrae e su innotescant (cioè, si facciano sentire!), esprime un’insistenza quasi petulante, la preghiera incessante come memoria continua di Dio, da cui attingiamo la forza che tiene desto il desiderio della vita eterna, unico bene che può soddisfarci. “Distogliamo il nostro pensiero dalle preoccupazioni e dagli affari, che ci fanno intiepidire in qualche modo il desiderio… Perciò il medesimo Apostolo disse: Le vostre domande siano manifeste presso Dio. Queste parole non vanno intese nel senso che debbano essere conosciute da Dio, il quale senz’altro le conosceva prima che fossero formulate, ma nel senso che siano note a noi presso Dio”[6]. La “modestia”, di cui abbiamo detto sopra, non è un’ideale stoico, né un disinteressarsi dalla realtà, ma la certezza dell’esaudimento per chi rende note a Dio le sue domande in ogni preghiera.

Anche le letture di questa domenica sottolineano da una parte la gioia di chi attende il Signore e sa che Egli è vicino; dall’altra parte tutti e tre i Vangeli si soffermano ancora sulla figura di Giovanni Battista. Ma, mentre nella seconda domenica erano sottolineate le sue parole di accusa dei peccati e di richiamo alla conversione, in questa terza domenica l’annuncio si volge tutto a Cristo: la “modestia” che è ricordata nell’introito si rispecchia nell’umiltà del Battista tutto teso ad annunciare Colui che battezza in Spirito e fuoco, tutto teso a riconoscere Cristo.

Avvento sia anche per ciascuno di noi tempo di attesa e di gioia fondata nel Signore e perciò forte e resistente, così necessaria nel cammino di ogni giorno.

L’Apostolo non ci parla del primo Avvento quando dice ‘Il Signore è vicino’, ma del secondo per il quale invita al gaudio spirituale per cui, con fermezza, aspettiamo le gioie del secondo Avvento. Il gaudio spirituale è la condizione necessaria, e per questo viene ripetuta due volte, per sopportare dolcemente tutte le asprezze del mondo, perché nulla possa strapparci alla speranza dell’eternità. Come conservare questa gioia nel pellegrinaggio verso la venuta del Signore? Con la modestia che è custode di questa gioia. La modestia non è solo una virtù, ma è un frutto dello Spirito come possiamo leggere nella lettera ai Galati: “Il frutto dello Spirito invece amore, gioia, pace, pazienza, longanimità, bontà, benevolenza, mitezza, fedeltà, modestia, continenza, castità” (Gal 5, 22-23)[7]. 

 

[1] Enciclopedia Treccani online (https://www.treccani.it/vocabolario/modestia/?search=mod%C3%A8stia%2F) consultata il 4/12/2024

[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1832.

[3] Vedi Grande Lessico del Nuovo Testamento, ed. Paideia, Brescia 1967, vol. III, ἐπιεικής, 703 ss.

[4] S. Agostino, Discorso 171, 5, in Nuova Biblioteca Agostiniana

[5] S. Agostino, Discorso 21,2, in Nuova Biblioteca Agostiniana

[6] S. Agostino, Lettera 130, in Nuova Biblioteca Agostiniana

[7] Guglielmo di Auxerre, Summa de Officiis ecclesiasticis