Testo:
Jubilate Deo omnis terra, alleluja: psalmum dicite nomini ejus, alleluja: date gloriam laudi ejus, alleluja, alleluja, alleluja. (Sl. 65, 1.2)
Traduzione:
Terra tutta, giubilate a Dio, alleluia; proclamate un salmo al suo nome, alleluia; date gloria alla sua lode, alleluia alleluia.
Commento tra testo e musica:
Gli introiti delle domeniche di Pasqua, prima della solennità dell’Ascensione, sono spesso caratterizzati da una melodia gioiosa, ma semplice e con un’estensione musicale ridotta. Ci sono però due eccezioni: Jubilate Deo – l’introito della III domenica – e Vocem iucunditatis – quello della VI domenica. Entrambi i brani esprimono l’offerta della lode da parte di tutta la terra; tutti i popoli partecipano alla grande gioia della redenzione.
Nell’Ottava di Pasqua gli introiti formano una catechesi che spiega in cosa consiste la novità del Battesimo e della vita nuova in Cristo risorto; Quasi modo, nella II domenica, dice ai battezzati cosa desiderare, a cosa tendere. Ora, nella III Domenica di Pasqua, l’introito esprime il riflesso di questa novità della Risurrezione e del Battesimo nel mondo e nella creazione stessa che “attende la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). Con Jubilate inizia dunque l’annuncio missionario a tutta la terra e la nuova creazione[1].
Caratteristica di questa nuova creazione è il suo ritorno a Dio mediante la lode. Tre volte la terra è invitata a lodare Dio con tre imperativi: Jubilate, la gioia per la salvezza e la gioia in Dio; psalmum dicite che è insieme preghiera e lode al nome di Dio, testimonianza mediante la lode, la liturgia; date gloriam, con il riconoscimento che la vera Gloria è quella di Dio.
La melodia fin da subito conduce con slancio alla parola Deo per raggiungere poi il culmine su omnis, dando il carattere di esultanza a tutto il brano e a tutta la celebrazione che seguirà, come si prega anche nella colletta del giorno: “Esulti sempre il tuo popolo, o Dio, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come ora si allieta per la ritrovata dignità filiale, così attenda nella speranza il giorno glorioso della risurrezione”.
La seconda frase inizia con enfasi su psalmum dicite: l’invito a lodare Dio con la salmodia si espande a tutta la terra. Si può capire l’importanza data a questa espressione se teniamo presente quanto insegnano Padri della Chiesa[2]. Essi nel commentare questo versetto fanno un paragone: come i salmi si cantano con il salterio, così il nostro corpo è lo strumento per compiere le opere di giustizia, non per una gloria personale, ma sempre e solo per dare gloria a Dio. Non si tratta dunque di un semplice “esercizio vocale”, ma di compiere con il nostro “strumento” le opere di giustizia e prima di tutto quella richiamata dalla frase successiva: dar gloria a Dio. Gesù infatti è venuto a salvare non chi presume delle sue opere, ma chi si riconosce bisognoso, e ci salva gratuitamente. Per i Padri il dare gloria a Dio ha la sua radice nella Carità[3], fare tutto ciò che possiamo, meglio che possiamo per amore e gratitudine. E questo è uno dei segni distintivi della vita nuova data dal Cristo Risorto.
Nella parte finale ricorre per la terza volta un invito a dare gloria a Dio – “date gloria a Dio con la sua lode” – che si chiude con il triplice alleluja, quasi fosse una dossologia trinitaria, “perché Dio, che ci ha liberati per la Passione e Risurrezion
e, deve essere lodato per la potenza del Padre, la sapienza del Figlio e la bontà dello Spirito Santo”[4].
La melodia aiuta a collegare queste “azioni” creando un’assonanza melodica[5] che inizia sempre con lo stesso gruppo di note[6] sulle parole dicite, nomini, gloriam e sull’ultimo alleluja. La risurrezione di Cristo è la fonte della nostra gioia, perché ci ha liberato e questo è l’annuncio che siamo chiamati a dare al mondo con la nostra vita.
In questa domenica i Vangeli pongono ancora l’accento sulle apparizioni del Signore Risorto e sul riconoscimento della sua presenza nei segni sacramentali con cui Egli continua a manifestarsi ai suoi discepoli[7].
Da qui nasce il giubilo che accompagna l’intera celebrazione: il riconoscimento della presenza viva e vivificante del Risorto in mezzo a noi è il motivo per cantare nell’esultanza e nella lode.
La Chiesa, con il suo canto e la sua preghiera, invita tutti i suoi figli, anzi tutta la creazione, ad “esultare sempre” per la gloria della Risurrezione di Cristo. Questa esultanza nella lode è la prima testimonianza che, come cristiani, siamo chiamati a dare nella nostra vita.
[1] Non a caso è in ottavo modo: il numero 8 è simbolo dell’ottavo giorno, quello della risurrezione, della pienezza e della nuova creazione (per questo stesso motivo i battisteri erano spesso costruiti a pianta ottagonale).
[2] Qui facciamo riferimento al Commento ai Salmi, di S. Agostino, di S. Ilario e di S. Eusebio.
[3] Secondo la simbologia medievale i Salmi significano le opere buone, ossia sono una immagine della Carità.
[4] Guglielmo di Auxerre, Summa de Officiis ecclesiasticis, III, 81.4
[5] Si vedano le parti evidenziate nello spartito.
[6] Vedi le note cerchiate.
[7] Ciclo A – Discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35); ciclo B – Apparizione nel cenacolo e missione dei discepoli (Lc 24,35-48); ciclo C – Simone mi ami? Pasci le mie pecore (Gv 21,1-19)