Testo:
Ingrediente Domino in sanctam civitatem, Hebraeorum pueri resurrectionem vitae pronuntiantes: Cum ramis palmarum Hosanna clamabant in excelsis.
Cum audisset populus, quia Jesus venit Jerosolymam, exierint obviam ei.
Traduzione:
Mentre il Signore entrava nella città santa, i bambini degli ebrei annunciavano la risurrezione della vita. Con rami di palma acclamavano: Osanna nell’alto dei cieli.
Quando il popolo seppe che Gesù veniva a Gerusalemme, gli andò incontro.
Commento tra testo e musica:
L’introito della Domenica delle Palme riflette la peculiarità di questa celebrazione. Il rito infatti oggi inizia fuori dalla chiesa: il popolo si raduna in un luogo stabilito e da lì si reca in processione in chiesa portando rami di ulivo o di palma, imitando quanto si è appena letto nel vangelo. Giunti alla chiesa, mentre il portale principale si apre davanti al celebrante e la processione entra nell’edificio, si canta questo responsorio. Il testo è un “collage” di versetti del Vangelo.

L’ultima frase e il versetto sono presi dal vangelo di Giovanni. Mentre le prime due frasi sono quelle che si discostano di più dal testo dei vangeli: Gerusalemme è sostituita dall’espressione “città santa” (che può indicare la Gerusalemme terrena, ma anche quella celeste, o la Chiesa in generale), ma l’aggiunta più importante è l’espressione “resurrectionem vitae”: i figli degli Ebrei – si dice – annunciano la resurrezione della vita.
Nell’incipit i neumi mettono in risalto subito la parola Domino: questa parola si canta mentre si apre la porta della chiesa, cosicché anche concretamente risulta che la porta della chiesa, della Gerusalemme storica, come quella della Gerusalemme celeste che era stata chiusa dal peccato, si apre solennemente davanti al Cristo, Re e Messia, Figlio di Dio[1].
Su Hebraeorum pueri, si avverte come un vociare di bambini: troviamo qui infatti un breve motivo melodico che si spinge un po’ più verso l’acuto e sottolinea con neumi molto forti la parola pueri, per sottolineare che “anche noi dobbiamo essere fanciulli, cioè innocenti, e dobbiamo essere come quei fanciulli ebrei, cioè passare oltre le cose terrene”, come spiega Guglielmo di Auxerre[2]. Al centro del brano troviamo la declamazione solenne delle parole resurrectionem vitae, pronunciate all’unisono sulla fondamentale (re). Il ritmo del recitativo segue quello delle parole per metterle in evidenza e renderle ben comprensibili differenziandole dalla parte più ornata che precede e che segue. L’ultima frase imita lo sventolio delle palme, ma si ferma sulla parola Hosanna, in modo simile a quanto aveva fatto su resurrectionem vitae, per mettere in risalto l’acclamazione messianica[3].
Sulla stessa antica melodia di questo brano si cantavano altri due responsori: il quarto delle vigilie della Presentazione del Signore[4] e l’ultimo delle vigilie del Sabato Santo[5]. Non ci sembra casuale il legame che la melodia crea tra queste tre celebrazioni, infatti lo troviamo anche nei Sermoni di S. Bernardo, che dice: “Non stupiamoci affatto se allora [alla Presentazione] fu un piccolo corteo, dato che era piccolo colui che veniva accolto […] Già nella seconda processione [la Domenica delle Palme], precedono le folle e altre folle lo seguono; non è la Vergine a portarlo, ma un asinello. Egli non disprezza nessuno, neanche coloro che marcivano come giumenti nel loro letame: non li disprezza, ma solo se non sono privi delle vesti degli apostoli, se la loro obbedienza, se la loro carità copre la moltitudine dei peccati, egli non li riterrà indegni di prender parte già ora a questa gloria della sua processione”[6]. E “Verrà il tempo in cui l’offerta non sarà nel tempio e neanche tra le braccia di Simeone, ma fuori della città e tra le braccia della croce”[7]. E di nuovo – in un altro sermone – compare il riferimento sia alla nascita, sia a una processione (benché differente da quella delle palme): “uscì dalla tomba chiusa colui che non discese dal patibolo […] uscì vivo dalla tomba chiusa quel corpo che uscì alla vita nascendo dal grembo chiuso della Vergine… ma vi è un luogo da cui non volle uscire a porte chiuse, ed è il carcere della Geenna. Ruppe le sbarre di ferro, spezzò tutte le porte di bronzo, per condurre fuori liberi i suoi che aveva redento dalla mano del nemico”[8].
Il tema dell’ingresso oltre al suo aspetto di commemorazione di un momento storico, ha una portata escatologica. In Mt 23,39 leggiamo: “Vi dico, infatti, che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Questo introito è, dunque, memoria e attualizzazione di ogni ingresso che Gesù ha effettuato e realizzerà nella storia della salvezza. Ed è anche l’ingresso nella celebrazione della “Grande Settimana” della passione, morte e risurrezione del Signore nella quale ci introduce la Domenica delle Palme.
In molti commenti patristici infatti siamo invitati a seguire Gesù con la mente e il cuore – attraverso l’imitazione – non solo nella sua entrata nella Gerusalemme terrena, ma ancora di più in quella celeste.
Così ad esempio ne parla S. Ambrogio: “E’ molto bello che il Signore, avendo ormai abbandonato i Giudei, e dovendo d’ora in poi prender dimora nell’amore delle Genti, sia salito fino al tempio: e questo è il vero tempio, ove il Signore viene adorato non nella lettera ma nello spirito; è il tempio di Dio, le cui salde fondamenta sono poste non su una struttura muraria, ma sulla compagine della fede”, e aggiunge “ma probabilmente il monte è Cristo stesso… Egli è colui per il quale noi ascendiamo e al quale ascendiamo”[9].
Nota storico-liturgica:
La processione delle Palme è una tradizione antichissima che troviamo a Gerusalemme già nel IV sec.[10]. In Occidente questa domenica era già legata alla meditazione della Passione e attorno al IX sec. queste due tradizioni si fusero generando la liturgia della Domenica delle Palme simile a quella che conosciamo oggi, in cui i due momenti dell’ingresso trionfale e della Passione si uniscono. I canti accompagnano questo percorso di Gesù introducendoci a poco a poco dalla gioiosa processione alla solennità dell’ingresso fino alla drammaticità della Croce.
Il percorso della intensa Liturgia della Domenica delle Palme chiudeva la Messa con l’orazione: O Signore, per l’opera di questo mistero, siano purgati i nostri vizi ed esauditi i giusti desideri.
In queste poche parole la Liturgia riusciva a raccogliere e sintetizzare il percorso che i fedeli avevano potuto compiere nella celebrazione.
Imitando l’innocenza dei fanciulli ebrei, proprio accogliendo la grazia che purifica dai vizi terreni, il cristiano può vivere il Mistero della Passione che entra nella sua storia colmo di un significato illuminato proprio dalla Risurrezione: compimento delle promesse del Padre, desiderio e premio per tutti i suoi figli.
Questa immagine fa parte del polittico della “Maestà” di Duccio da Buoninsegna e ci sembra offrire una bella sintesi di quanto detto su “Ingrediente” e sulla liturgia della domenica della Palme. Fa parte della serie delle storie della Passione. A differenza delle altre storie, essa occupa un posto più ampio, quello di due scomparti, pari solamente alla crocifissione e il rimando non sembra casuale. La scena vede Gesù sull’asinello che si avvicina benedicente alla porta della Città Santa, mentre i discepoli e gli ebrei stendono i loro mantelli sotto di lui. Alcuni ragazzi, poi, stanno tagliando dei rami dagli alberi. Accanto alla cavalcatura di Gesù c’è anche il puledro tanto citato dai Padri (l’asina e il puledro, i due popoli ricondotti dal Salvatore). Insieme ai segni festosi di accoglienza, due particolari preannunciano la Passione: il cespuglio di rovi che si trova proprio sopra la testa di Gesù e che allude alla corona di spine, e la porta aperta sul giardino a destra, in primo piano: essa allude al giardino della sepoltura e della risurrezione.
[1] Questo era segno del corteo trionfale dei giusti dietro a Gesù che li introduceva in cielo attraverso la sua croce. Così ce ne parla Benedetto XVI: “Nella vecchia liturgia della Domenica delle Palme il sacerdote, giunto davanti alla chiesa, bussava fortemente con l’asta della croce della processione al portone ancora chiuso, che in seguito a questo bussare si apriva. Era una bella immagine per il mistero dello stesso Gesù Cristo che, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio. Con la croce Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta. Ma anche dall’altro lato il Signore bussa con la sua croce: bussa alle porte del mondo, alle porte dei nostri cuori, che così spesso e in così gran numero sono chiuse per Dio. E ci parla più o meno così: se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui; se la parola della Scrittura e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente – allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te – vedi che io soffro per amore tuo e apriti a me, tuo Signore e tuo Dio. È questo l’appello che in quest’ora lasciamo penetrare nel nostro cuore. Il Signore ci aiuti ad aprire la porta del cuore, la porta del mondo, affinché Egli, il Dio vivente, possa nel suo Figlio arrivare in questo nostro tempo, raggiungere la nostra vita.” (Omelia per la Domenica delle Palme, 1 Aprile 2007)
[2] Guglielmo di Auxerre, Summa de Officiis ecclesiasticis, III.64.3
[3] Letteralmente in ebraico questa parola significa “Orsù, dona salvezza” (è ciò che dice il sl 117,25), era in origine un’invocazione di aiuto, poi diventata una forma di acclamazione. È l’imperativo del verbo che deriva dal sostantivo iesha, cioè il nome di Gesù; per capire come doveva suonare alle orecchie degli apostoli potremmo tradurre “Donaci Gesù”
[4] “Obtulerunt pro eo Domino” – Offrirono per lui al Signore una coppia di tortore o due giovani colombi, come è scritto nella legge del Signore. Dopo che furono trascorsi i giorni della purificazione per Maria, secondo la legge di Mosè, lo portarono a Gerusalemme per presentarlo al Signore.
[5] “Sepulto Domino” – Sepolto il Signore, fu sigillata la tomba, rotolando una pietra all’ingresso del sepolcro. Posero dei soldati a custodirlo. I capi dei sacerdoti si recarono da Pilato e lo richiesero.
[6] S. Bernardo, In purificatione Sanctae Mariae, Serm. I, 1
[7] S. Bernardo, In purificatione Sanctae Mariae, Serm. III, 2
[8] S. Bernardo, In resurrectione Domini, Serm. I, 5
[9] S. Ambrogio, Esposizione sul Vangelo di S. Luca
[10] Una bella descrizione di questa antica liturgia che ripercorreva la strada fatta da Gesù fino all’ingresso in Gerusalemme e alla chiesa dell’Anastasis (cioè della Risurrezione) si trova nel Diario di viaggio di Egeria, del IV secolo.