Prima domenica di Quaresima – Invocabit me

introito prima domenica di Quaresima - invocabitTesto:

Invocabit me et ego exaudiam eum: eripiam eum, et glorificabo eum: longitudine dierum adimplebo eum.

Traduzione:

Mi invocherà e io lo esaudirò: lo salverò (lett. “strapperò”) e lo glorificherò; lo colmerò per la lunghezza dei giorni.

(cfr Sl 90, 15.16)

Commento tra testo e musica:

Tutti i testi cantati in questa domenica sono presi dal salmo 90, lo stesso citato da Satana a Gesù nel Vangelo delle tentazioni. Tuttavia, mentre il diavolo usa le parole del salmo per insinuare un dubbio nel rapporto tra Gesù e il Padre, la liturgia ci vuole mostrare il suo vero significato di piena fiducia in Dio[1].

Il testo dell’introito è formato da tre frasi:

  1. Invocabit me et ego exaudiam eum;
  2. Eripiam eum et glorificabo eum;
  3. Longitudinem dierum adimplebo eum.

Possiamo notare che ogni frase si conclude con il pronome eum: qui è Dio che parla e il testo esprime come l’attenzione di Dio si concentri tutta sull’uomo, sul fedele che lo invoca. In poche righe si susseguono ben cinque verbi: l’uomo invoca Dio – una volta – e Dio risponde con un crescendo di azioni – quattro volte!

La melodia con un andamento scorrevole e movimentato traduce in musica la prontezza di Dio nel rispondere senza riserve e in modo sovrabbondante.

I tre verbi – exaudiam, eripiam, glorificabo – si possono leggere come una risposta alle tre tentazioni, cui fa riferimento il Vangelo della I domenica:

  • Exaudiam eum è la risposta alla I tentazione: “Di’ che queste pietre diventino pane”. Il Figlio invece sa che se chiede al Padre sarà esaudito. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
  • Eripiam eum è la risposta alla II tentazione: “Buttati giù ed Egli manderà i suoi angeli”. Il Figlio sa che non ha bisogno di tentare il Padre, perché il Padre lo strapperà dalle insidie del male quando ci sarà bisogno.
  • Glorificabo eum: risposta alla III tentazione: “Ti darò tutti questi regni se prostrandoti mi adorerai”. Il Figlio risponde che solo Dio è da adorare perché sa che il Padre gli darà una gloria più grande di quella che promette il diavolo. Questo glorificabo è il punto più alto, che brilla più di tutti i regni della terra: ed è l’innalzamento anche della croce.

Il brano, in VIII modo, ha in generale un carattere sereno e fiducioso senza eccessi. L’incipit con un rapido movimento ascendente esprime lo slancio verso l’alto della nostra invocazione. La seconda parte di questa frase – et ego – fa eco alla melodia iniziale ripetendo lo stesso modulo e sembra proprio sottolineare l’immediatezza della risposta di Dio, mentre exaudiam eum, con le sue 3 ribattute sul Do, pare esprimere un esaudimento che va persino oltre le aspettative di chi prega. La sua richiesta viene presa dal basso e portata su e da lì scende su di lui una pioggia di benedizioni.

La melodia prosegue leggera su longitudine suggerendo quasi l’idea di un panorama contemplato dall’alto come a volo d’uccello soffermandosi sul Do, come per esprimere vocalmente l’ampiezza temporale, prima di ridiscendere dolcemente su dierum: una lunghezza di giorni che si estende all’eternità. Su adimplebo[2] infine il la melodia tocca il punto più grave del brano esprimendo una pienezza di grazia che raggiunge ogni fibra dell’uomo. S. Agostino commenta così questo versetto: “Lo ricolmerò con la lunghezza dei giorni. La vita eterna. Tutto ciò che è nel tempo, per quanto sia lungo, se ha fine non ci basta; e per questo non può neppure esser detto lungo. Se siamo ingordi, dobbiamo esserlo della vita eterna”[3].

All’inizio del cammino nel deserto quaresimale la liturgia non ci propone pie riflessioni, ma verbi di azione che impegnano Dio nell’Alleanza per la glorificazione dell’uomo a immagine di quella di Cristo nella sua passione-morte-risurrezione. Inserendo su glorifi-ca-bo una formula melodica che si ripeterà otto volte nei cantici della veglia pasquale crea un ponte con il mistero della Pasqua. Non a caso S. Bernardo nei Sermoni sul Salmo 90 dice: Sarò con lui nella tribolazione, da essa lo strapperò e lo glorificherò. Penso che questa triade sia da riferire al grande Triduo che celebreremo tra pochi giorni”. E conclude: “Tenda perciò verso l’alto il nostro cuore, salgano le nostre grida al cielo, i desideri, le azioni e le aspirazioni. Invoca rivolto al cielo, se vuoi essere ascoltato. Il Padre […] ti manderà l’aiuto nel tempo delle tribolazioni, da esse ti saprà liberare e ti rivestirà di gloria al momento della risurrezione”.

 


[1] Secondo quanto scriveva il card. Schuster: “Nella Messa odierna ha speciale rilievo il salmo 90, quello stesso che Satana citò al Cristo; lo ripeteremo all’introito, al graduale, al tratto, all’offertorio e al communio, quasi atto di protesta e di riparazione per la suggestione temeraria […] quasi in riparazione della sacrilega usurpazione fatta da Satana”. È dunque desiderio di sottrarre questo salmo alle labbra sacrileghe di Satana e di cantarlo con le nostre labbra purificate da Cristo e devote. (I. Schuster, Liber sacramentorum, vol. I – Il Regno messianico, pp. 155-157, ed. Marietti, 1963)

[2] Questo verbo non significa semplicemente riempire (che qui è riempire di giorni, cioè donare una vita lunga), ma compiere fino in fondo. E non si riferisce ad una promessa specifica, ma si riferisce ad “eum”: l’oggetto dell’azione divina è la persona stessa, si tratta perciò della promessa di compiere la domanda di senso che è ciascuno di noi.

[3] S. Agostino, Commento sui salmi, Salmo 90.