di Madre Augusta Tescari OCSO
TRADUZIONE:
“Il mio desiderio non é che di amare” la Beata Maria Gabriella Sagheddu a quasi 25 anni dalla beatificazione.
Pregare per l’unità non é riservato a chi vive in un contesto di divisione tra i cristiani. In quell’intimo e personale dialogo che ciascuno di noi deve intrattenere con il Signore nella preghiera, la preoccupazione dell’unità non può essere esclusa. Soltanto così, infatti, essa farà pienamente parte della realtà della nostra vita e degli impegni che abbiamo assunto nella Chiesa. Per riaffermare questa esigenza, ho voluto proporre ai fedeli della Chiesa cattolica un modello che mi sembra esemplare, quello di una suora trappista, Maria Gabriella dell’Unità, che ho proclamato beata il 25 gennaio 1983. Suor Maria Gabriella, chiamata dalla sua vocazione ad essere fuori del mondo, ha dedicato la sua esistenza alla meditazione e alla preghiera incentrate sul capitolo 17 del vangelo di san Giovanni e 1’ha offerta per l’unità dei cristiani. Ecco, questo è il fulcro di ogni preghiera: 1’offerta totale e senza riserve della propria vita al Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. L’esempio di suor Maria Gabriella ci istruisce, ci fa comprendere come non vi siano tempi, situazioni o luoghi particolari per pregare per l’unità. La preghiera di Cristo al Padre è modello per tutti, sempre e in ogni luogo.
(Giovanni Paolo II, Enciclica ‘Ut unum sint’, 1995, n. 27)
In una maniera inusitata, in un documento ufficiale rivolto ai Vescovi, al clero e ai fedeli della Chiesa cattolica per esortarli all’impegno ecumenico, Giovanni Paolo II propone un testimone, un modello che gli sembra esemplare. Nessuna presentazione migliore per ricordare la semplicissima figura di Sr. Maria Gabriella, di cui quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della beatificazione.
Maria Sagheddu (1914-1939) nacque a Dorgali, in Sardegna, da una famiglia di pastori. Le testimonianze del periodo della sua infanzia e adolescenza ci parlano di un carattere ostinato, critico, contestatario, ribelle, ma con un forte senso del dovere, della fedeltà, dell’obbedienza pur dentro apparenze contraddittorie: “Obbediva brontolando, ma era docile”. “Diceva di no, tuttavia andava subito”, dicono di lei.
Ciò che tutti notarono fu il cambiamento che avvenne in lei a diciotto anni: a poco a poco si addolcì, scomparvero gli scatti d’ira, acquistò un profilo pensoso e austero, dolce e riservato; crebbero in lei lo spirito di preghiera e la carità; comparve una nuova sensibilità ecclesiale ed apostolica; si iscrisse all’Azione Cattolica.
Nacque in lei la radicalità dell’ascolto che si consegna totalmente alla volontà di Dio. A ventun anni scelse di consacrarsi a Dio e, senza nulla proporre, ma seguendo semplicemente le indicazioni del suo padre spirituale che già vi aveva inviato altre ragazze del paese, entrò nel monastero di Grottaferrata, comuni1à povera di mezzi economici e di cultura, governata in quel tempo da madre M.Pia Gullini.
La sua vita appare dominata da pochi elementi essenziali:
– il primo e più visibile è la gratitudine per la misericordia di cui Dio l’ha avvolta, chiamandola ad un’appartenenza totale a Lui: amava paragonarsi al figliol prodigo e sapeva dire soltanto ‘grazie’ per la vocazione monastica, la casa, le superiore, le sorelle, tutto. “Come é buono il Signore!” é la sua continua esclamazione e questa gratitudine penetrerà anche i momenti supremi della malattia e dell’agonia. “Non potrò mai ringraziare abbastanza.” “Non posso dire altro che queste parole: ‘Mio Dio, la tua gloria!’”.
– il secondo elemento é il desiderio di rispondere con tutte le sue forze alla grazia: che si compia in lei ciò che il Signore ha iniziato, che si compia la volontà di Dio, perché qui si trova per lei la vera pace. “La volontà di Dio, qualunque essa sia: questa é la mia gioia, la mia felicità, la mia pace.”
In noviziato aveva il timore di essere rimandata, ma dopo la professione, vinto questo timore, prese spazio un abbandono tranquillo e sicuro, che generò in lei la tensione al sacrificio totale di sé: “Ora fa Tu”, diceva semplicemente. La sua breve vita claustrale (tre anni e mezzo) si consumò come un’eucaristia, semplicemente nell’impegno quotidiano della conversione, per seguire Cristo, obbediente al Padre fino alla morte. Maria Gabriella si sentiva definita dalla missione dell’offerta, del dono di tutta se stessa al Signore. “Nella semplicità del mio cuore, ti offro tutto lietamente, Signore.”
1 ricordi delle sorelle sono semplici e significativi: la sua prontezza a riconoscersi colpevole, a chiedere perdono alle altre senza giustificarsi; la sua umiltà semplice e schietta; la sua disponibilità, per cui faceva volentieri qualunque lavoro, si offriva per i lavori più faticosi senza dir nulla a nessuno. Con la professione crebbe in lei l’esperienza della piccolezza: “La mia vita non vale niente … posso offrirla tranquillamente”.
Era allora badessa del monastero di Grottaferrata madre M.Pia Gullini, che guidò la comunità con una intelligenza perspicace e alimentò in essa una visione sempre più vasta e profonda della vita spirituale, ponendo come centro l’Eucaristia. Ella viveva la passione dell’unità della Chiesa con profetica e singolare intensità, del tutto in anticipo sui suoi tempi. Dopo averli assunti nella sua vita, seppe comunicare anche alla comunità la sua grande sensibilità e il suo grande desiderio ecumenico. Le monache di Grottaferrata già vivevano quello che, sessant’anni più tardi, l’attuale Papa scriveva nell’enciclica ‘Ut unum sint’ (n. 99): “Una Comunità cristiana che crede a Cristo e desidera, con l’ardore del Vangelo, la salvezza dell’umanità, in nessun modo può chiudersi all’appello dello Spirito che orienta tutti i cristiani verso l’unità piena e visibile. Si tratta di uno degli imperativi della carità che va accolto senza compromessi.”
Quando madre M.Pia, che teneva contatti epistolari con alcuni precursori del movimento ecumenico dell’epoca, fu sollecitata dal padre Couturier di Lione e presentò alle sorelle la richiesta di preghiere e di offerte per la grande causa dell’unità dei cristiani, suor Maria Gabriella si senti subito coinvolta e spinta ad offrire la sua giovane vita. “Sento che il Signore me lo chiede – confida alla badessa – mi sento spinta anche quando non voglio pensarci”.
Attraverso un cammino rapido e diretto, consegnata tenacemente all’obbedienza, cosciente della propria fragilità, tutta tesa in un solo desiderio: “La volontà di Dio, la sua gloria”, Maria Gabriella raggiunse quella libertà che la spinse ad essere conforme a Gesù, che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Di fronte alla lacerazione del Corpo di Cristo avvertì l’urgenza di un’offerta di sé, pagata con una fedeltà eroica fino alla consumazione. La tubercolosi si manifestò nel corpo della giovane suora, sino ad allora sanissimo, dal giorno stesso della sua offerta, portandola alla morte in quindici mesi di sofferenza. Ecco alcune sue espressioni di questo periodo, che manifestano la radicalità e la coerenza della sua offerta: “lo mi sono offerta interamente e non ritiro la parola data. – Il Signore mi ha messo su questa strada: penserà Lui a soccorrermi nella lotta. – Affido alla Sua misericordia la mia fragilità. Ho veduto di fronte un grande crocifisso…, ho pensato che il mio sacrificio non era niente in confronto al Suo.”
La sera del 23 aprile 1939 Maria Gabriella concluse la sua lunga agonia, totalmente abbandonata alla volontà di Dio, mentre le campane suonavano a distesa alla fine dei vespri della domenica del Buon Pastore, in cui il Vangelo proclamava: “Ci sarà un solo ovile e un solo pastore”.
La sua offerta, ancor prima della sua consumazione, venne subito recepita dai fratelli anglicani della comunità di Nashdom e in seguito ha trovato rispondenza profonda nel cuore di credenti di altre confessioni. L’afflusso di vocazioni, che sono giunte numerose negli anni successivi e che hanno permesso la fondazione di altri sei monasteri contemplativi, sono il dono più concreto di suor Maria Gabriella alla sua comunità.
Il suo corpo, trovato intatto in occasione della ricognizione nel 1957, riposa ora in una cappella adiacente al monastero di Vitorchiano, dove si è trasferita la comunità di Grottaferrata.
Suor Maria Gabriella è stata beatificata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, dopo quarantaquattro anni dalla sua morte, nella basilica di San Paolo fuori le mura, nella festa della conversione di San Paolo, il giorno conclusivo della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Il Papa, nell’enciclica ‘Ut unum sint’, propone ai fedeli 1’esempio particolare della beata Maria Gabriella, ma addita tutti i santi come testimoni di speranza sul cammino verso la piena unità della Chiesa: “Sebbene in modo invisibile, la comunione non ancora piena delle nostre comunità é cementata saldamente nella piena comunione dei santi… Questi santi vengono da tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, che hanno aperto loro l’ingresso nella comunione della salvezza… Nell’irradiazione che emana dal ‘patrimonio dei santi’ appartenenti a tutte le Comunità, il ‘dialogo della conversione’ verso l’unità piena e visibile appare allora sotto una luce di speranza… Se le comunità sapranno veramente ‘convertirsi’ alla ricerca della comunione piena e visibile, Dio farà per esse ciò che ha fatto per i loro santi. Egli saprà superare gli ostacoli ereditati dal passato e le condurrà sulle vie dove Egli vuole: alla KOINONIA visibile che è al tempo stesso lode della Sua gloria e servizio al Suo disegno di salvezza. ” ( ‘Ut unum sint’, n. 84 )
Ognuno dei membri delle nostre Comunità ecclesiali, battezzato nella morte di Cristo, chiamato per vocazione divina alla santità, può e deve portare il suo piccolo, ma indispensabile contributo al ‘ut unum sint’. Il Papa indica come mezzi del rafforzamento e della crescita della comunione la preghiera, l’azione di grazie, la speranza nello Spirito, che risana il ricordo delle divisioni e dona la forza per un impegno sempre più autentico di unità (‘Ut unum sint’, Esortazione finale).
” Fratelli, vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola é la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che é al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. ” (Ef. 4, 1-6)
Egli, a cui nulla è impossibile, mediante l’umile collaborazione della nostra continua conversione e del dono sincero di noi stessi a Lui e ai fratelli, saprà ben compiere il miracolo della nostra unità.