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Nel 1805, al termine dell’odissea guidata da dom Agostino de Lestrange, i monaci e le monache si dividono in diversi monasteri e un gruppo di monache, che in un primo tempo si erano recate a Paderborn, si stabiliscono alla Riedra, in Svizzera. Da qui partono diversi nuclei di monache per rifondare case in vari luoghi della Francia. Un primo gruppo si ferma a Forge e diviene poi Nostra Signora des Gardes. Un secondo gruppo parte nel 1817, si ferma a Prionville, e nel 1820 si trasferisce a Lion-Vaise, un sobborgo della città di Lione.

Dopo sette anni viene accolta in questa comunità una giovane che prenderà poi il nome di Mère Pacifique, la futura rifondatrice di Lion-Vaise dato che la quasi totalità della comunità si trasferì a Maubec, vicino a Montelimar.

A Lion-Vaise II si respira un grande amore per l’Ufficio divino: la liturgia eseguita con cura, ben assimilata e vissuta come struttura portante del cammino spirituale e di conversione dell’intera comunità, è una caratteristica che rimane costante anche nella nostra comunità di Vitorchiano - che da Vaise discende - fin da quando essa iniziò i suoi primi passi a San Vito (Torino - Italia), e poi a Grottaferrata (vicino Roma), ed in seguito anche in tutte le nostre case-figlie.
È da questo nucleo di sorelle, che chiamiamo “secondo Vaise”, che germina il seme della nostra filiazione. Qui, infatti, sarà accolta Teresa Astoin (al secolo Giulia), futura fondatrice di San Vito.

Pur essendo oblata, fu scelta - probabilmente per il suo spirito di fede, le sue doti di intelligenza e creatività, la sua forte personalità e le sue capacità organizzative - a guidare un piccolo nucleo di monache in una nuova fondazione in Italia (in Francia si temevano ancora espulsioni in seguito ai moti del 1870). La sua condizione di oblata e le sue nobili origini, le permettevano di disporre del suo patrimonio personale per poter acquistare Villa Rabbi sul colle di San Vito presso Torino.

Nell’opera di fondazione di San Vito (1875), Md. Teresa Astoin è affiancata da una figura straordinaria: dom François Regis. In quegli anni egli è Procuratore della Congregazione dei Trappisti a Roma, ed è una delle personalità del nostro Ordine più importanti di quel periodo. Nei confronti di Md. Teresa esercita una paternità eccezionale che traspare da tutte le sue lettere, e l’atteggiamento di Md. Teresa verso dom Regis è di una tale franchezza, figliolanza e tenerezza che commuovono e che, apparentemente, contrastano con la natura energica, volitiva e anche sbrigativa di questa donna.
Dopo il primo anno di vita a San Vito, le difficoltà non mancano, tanto che l’Arcivescovo di Torino scrive una lettera al Vicario dei Trappisti chiedendo di sorvegliare in modo particolare questo monastero.
La povertà è estrema e spesso le monache sono mandate in città per la questua.
Nonostante tutte le difficoltà, la fede di Md. Teresa Astoin nella bontà dell’opera iniziata non viene mai meno tanto che scriverà queste parole che risulteranno profetiche:

“Dall’inizio di questa fondazione non ho fatto che un passo dopo l’altro, cercando di raggiungere l’obiettivo indicatomi dalla mano di Dio. Così ho sempre ricevuto quello di cui avevo bisogno nel momento opportuno. Abituata ormai a questi aiuti provvidenziali, io guardo senza timore all’avvenire di questa Casa; e sono inoltre intimamente convinta che essa sarà la Madre di tante altre.”



TRASFERIMENTO A GROTTAFERRATA

La vita di San Vito continua ad essere quanto mai travagliata.
Il tormento dei continui debiti da pagare e la preoccupazione di cercare un lavoro redditizio per il sostentamento della comunità, non sviliscono però la tensione spirituale. E’ una situazione davvero umiliante soprattutto se consideriamo che la povertà per i cistercensi è vivere del lavoro delle proprie mani e, con il sovrappiù, aiutare i bisognosi. Questa precarietà a livello economico conduce il Padre Immediato (che è ora dom Ignazio, abate delle Catacombe-Roma) a cercare di convincere il Capitolo Generale e anche il Vescovo, della necessità del trasferimento di San Vito in un luogo più appropriato. Altri motivi che conducono a questo trasferimento sono, probabilmente, la divergenza d’idee tra Md. Teresa e il Padre Immediato in merito al Cappellano: dopo la morte di padre Agostino, avvenuta in concetto di santità, Md. Teresa pensa di servirsi, per questo servizio, dei sacerdoti della zona che frequentano il monastero, ma il Padre Immediato non è d’accordo. Altro motivo è, indubbiamente, la mancanza di possibilità per la formazione delle giovani: essendo lontane dai Padri Trappisti e lontane anche dalla città di Torino, non si creavano delle opportunità favorevoli.
In seguito a questa situazione, il Capitolo Generale decide il trasferimento della comunità. In un primo momento si pensa di dividere le sorelle fra i vari monasteri femminili dell’Ordine, ma il Padre Immediato offre la possibilità di un sostentamento e promuove il trasferimento presso una casa offerta dalla sua comunità.
La decisione è quanto mai dolorosa per tutti, ma la comunità vi si abbandona con spirito di fede. Le persone che non accettano di lasciare San Vito sono Md. Teresa Astoin, una certa suor Palemone, figura molto controversa, anglicana convertita al cattolicesimo di cui, in seguito, si perdono le tracce; le due sorelle Immacolata e Maria Alberica Scalvini, le quali però il mese successivo raggiungono anch’esse Grottaferrata; la novizia suor Maria degli Angeli, Madre del Sacro Cuore e suor Abbondanza Brera, la quale assiste Md. Teresa fino alla morte.

Che ne è di Md. Teresa?

Vive lungamente nei locali della cappellania del monastero; muore il 16 aprile 1907 e viene sepolta nel cimitero vicino alla parrocchia di San Vito.
Del monastero di S. Vito rimane il crocifisso, ora nella sala del Capitolo a Vitorchiano.











La comunità lascia San Vito il 14 settembre del 1898. Lungo il viaggio, le sorelle si fermano a Roma per visitare le basiliche. Giunte a Grottaferrata, presso la località Squarciarelli, rimangono un po’ interdette: provenienti da una villa padronale, hanno ora davanti una fattoria di campagna. Ma il calore e l’accoglienza dei fratelli delle Catacombe, la bellezza e dolcezza dell’autunno dei colli romani, la certezza di essere nella volontà di Dio e nell’obbedienza ai superiori, attutisce questo passaggio così doloroso.


Come S. Vito, anche Grottaferrata non sarà mai un vero e proprio monastero e la vita sarà sempre precaria.
Appena giunte, si procede all’elezione a Priora di Md. Agnese Scandelli: delle 31 persone che compongono la comunità, solo le 6 monache coriste hanno diritto di voto, il resto è composto da converse. Tuttavia, Md. Agnese è persona molto amata dall’intera comunità.



Foto della comunità di Grottaferrata verso la fine dell’abbaziato di Md. Agnese Scandelli


Poco dopo l’elezione, il Padre Immediato invia Md. Agnese a Laval (in Francia) per un periodo di sei mesi, perché possa sperimentare la vita regolare in un vero monastero.
Md. Agnese unisce in sé una profonda maternità e una grande forza decisionale; segue moltissimo tutte le sue figlie ed ha il dono, se non di leggere nei loro cuori, senz’altro di plasmarle nell’obbedienza e nel chiaro discernimento tra il bene e il male.






Md. Agnese Scandelli


La comunità di Grottaferrata continua a vivere in grandi difficoltà logistiche e materiali, non riuscendo a trovare un lavoro in grado di mantenere le sorelle.

Lavorano molto la campagna, ma tutto ciò che di più buono vi cresceva è dato in dono all’uno o all’altro medico, o a chi svolge servizi per la comunità. Hanno una piccola legatoria e incartano i cioccolatini della vicina comunità maschile di Frattocchie, ma è un lavoro svolto per sdebitarsi della grande carità che ricevono dai fratelli. La povertà è tale che non ci sono abiti per vestire le novizie e quelli disponibili sembrano trapunte, tante sono le pezze
con cui sono rammendati.





















Quando la salute di Md. Agnese comincia a declinare, il suo governo, indubbiamente molto illuminato, diviene precario.
Precisamente in questo momento compare sulla scena di Grottaferrata l’affascinante figura di Md. Maria Pia Gullini.


"MADRE MARIA PIA A GROTTAFERRATA


Madre Maria Pia Gullini (Verona 1892 – Roma 1959), badessa di Grottaferrata.


Italiana ma Professa nel monastero di Laval, in Francia, dove era stata inviata da dom Norberto Sauvage - allora Procuratore dell’Ordine Cistercense e suo padre spirituale - perché ricevesse una formazione monastica adeguata al suo calibro, si ammalò di tubercolosi e quella malattia segnò anche il momento del suo trasferimento a Grottaferrata. Dopo quattro mesi trascorsi in famiglia, vi arrivò il 9 novembre del 1926: suor Pia aveva 34 anni, di cui nove vissuti a Laval. Md. Agnese le ordinò un periodo di convalescenza e in seguito la nominò Priora.

In capo a pochi anni, come abbiamo detto, la salute di Md. Agnese diviene molto precaria, costringendola in infermeria dopo 33 anni di abbaziato in cui aveva donato tutte le sue energie e la sua sapienza alla comunità.
Don Norberto Sauvage


Fu la Congregazione dei Religiosi che si risolse per questo a nominare d’ufficio una nuova badessa nella persona di Md. Maria Pia Gullini. Con tutto l’impegno e l’entusiasmo possibili, ella cercò di risollevare le sorti della comunità: osservanze, vita regolare, lavori di ristrutturazione e di miglioramento della casa.

Cominciò ad essere molto conosciuta fuori dal monastero e molti venivano da Roma e da altre località per confidarsi e ricevere consigli spirituali. Le numerose relazioni con l’esterno e i conseguenti parlatori, peraltro mai da lei ricercati, furono una delle cause delle sue prime dimissioni forzate.
Fra le sue conoscenze vi era anche la signorina Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, che spesso visitava Grottaferrata in compagnia di Igino Giordani e della sua famiglia. Igino conobbe la Trappa grazie alla beata Maria Gabriella Sagheddu e fu anche uno dei primi a scrivere di lei. Lui e la sua famiglia ebbero un rapporto di amicizia molto profondo con Md. Maria Pia.
I cardini della spiritualità di Md. Maria Pia erano l’umiltà e la carità. Il suo amore per le sorelle era forte e puro. Md. Carla racconta che una volta una sorella andò a parlarle male di un’altra: la Madre si mise a piangere. Vedendo una tale reazione la sorella chiese subito perdono e lasciò perdere il discorso. Era stata per lei un’eloquentissima lezione sulla carità. Non ammetteva ambiguità o ipocrisie. Amava la verità, l’obbedienza, la pietà eucaristica, la preghiera personale, la preghiera liturgica. Soprattutto la sua spiritualità era incentrata sulla devozione all’umanità di Cristo, Sposo e Fratello. Il suo insegnamento si fondava sul Vangelo, la Parola di Dio, la lettura delle opere dei Padri e delle mistiche cistercensi quali S. Lutgarda e S. Geltrude.

Il primo periodo di abbaziato di Md. Maria Pia andò dal 1931 al 1940, anno in cui diede spontaneamente le dimissioni a causa di contrasti con il Padre Immediato, riguardanti la pubblicazione della biografia di suor M. Gabriella.

Al suo posto venne eletta Md. Tecla, che nominò Md. Maria Pia sottopriora e maestra delle novizie, oltre ad affidarle il compito di sbrigare tutta la corrispondenza che riguardava suor M.Gabriella e l’ecumenismo.

Nel dicembre del 1947 Md. Maria Pia viene rieletta Badessa rimanendo al governo della comunità fino al 1951: il 19 aprile di quell’anno darà le dimissioni una seconda volta. “Oportebat…..”- era necessario – lasciò scritto in un bigliettino ad una delle giovani, e si ritirò in esilio alla Fille-Dieu (monastero trappista in Svizzera).






Madre Tecla Fontana che si alternò più di una volta
con Madre M.Pia Gullini alla guida della comunità


Quali furono i veri motivi di una così grave decisione? Forse l’aver concepito in cuore il sogno di una fondazione che raccogliesse le giovani in una esperienza coerente e totalmente trasparente al carisma cistercense. E’ probabile che il pericolo di una spaccatura fra generazioni, che avrebbe disintegrato la comunità, costituisse la gravità di quel momento.
Comunque siano andate le cose, da questa ennesima prova emerge ancor più la statura morale e spirituale di Md. Maria Pia che rientrerà nella sua amata comunità - ormai trasferita a Vitorchiano – solo per esservi la prima radice profonda nel cimitero del monastero. Infatti nel suo viaggio di ritorno dalla Fille-Dieu dovette fermarsi a Roma per l’aggravamento del suo stato di salute e qui dopo pochi giorni morì in una grande pace e abbandono. Era il 1959 e il giorno in cui le sue amate spoglie arrivarono al monastero si celebrava la vestizione di una giovane che – quasi come un passaggio di testimone in una staffetta – sarà di lì a pochi anni eletta badessa della comunità e la segnerà profondamente in un grande afflato missionario ed ecclesiale e in un carismatico approfondimento della vita monastica: Md. Cristiana Piccardo.
Senza dubbio tutta la vita di Md. Maria Pia rientrava in un imperscrutabile disegno del Signore: lo stesso esilio alla Fille-Dieu si rivelò occasione proficua per continuare a mantenere i suoi molteplici contatti ecumenici, gli stessi che, insieme alla pubblicazione della biografia di suor M. Gabriella, l’avevano condotta alle sue prime dimissioni.
Md. Maria Pia è stata una grande figura profetica, non solo nell’ambito monastico cistercense, ma anche nel mondo ecumenico. Concludiamo questa raccolta di notizie più o meno inedite sulla storia delle nostre radici con le parole di Md. Cristiana Piccardo nel suo libro “Pedagogia viva”:


“La tradizione cistercense, con la sua spiritualità così ricca e così impregnata di umanità, non arriva a noi solo tramite dei testi, ma attraverso una storia. La storia è la nostra grande maestra. Quando parlo di storia non parlo di eventi, ma di persone. Perché sono le persone che costituiscono lo spazio storico in cui ci muoviamo. Come potrà mai una comunità pensare alla Gerusalemme celeste senza pensare di rivedere il volto delle sorelle che hanno servito la Gerusalemme terrestre, nell’umile gioia della loro donazione? E che l’hanno costruita con la loro quotidiana fedeltà? Noi tutte siamo debitrici di umanità e santità a coloro che ci hanno preceduto.”
Madre Cristiana Piccardo,
badessa di Vitorchiano dal 1964 al 1988.

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